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Ju Jitsu

21 Dicembre 2015
Published in Discipline

IL JU JITSU , STORIA ED EVOLUZIONE:

L'inizio della codificazione delle forme di lotta a mani nude, come il Chikara-Kurabe (la prova di forza), o il Bu-Jutsu (l'arte del combattimento), non ha in Giappone una data certa d'inizio. È evidente che il suo sviluppo fu legato, come purtroppo in ogni parte del mondo, all'accrescimento delle necessità belliche, sia d'offesa sia di difesa, del popolo stesso. Nel corso dei secoli si è avuta un'evoluzione di queste Arti di Combattimento e una loro sofisticazione da un punto di vista tecnico, con un'interdipendenza molto forte, e tipicamente orientale, nell'aspetto etico, religioso e filosofico; questa molteplicità di nozioni e regole di vita ha portato, sin dall'origine, a una codificazione che potesse essere tramandata nel tempo.

Nell'epoca feudale, per tutto il periodo del medioevo giapponese, che durò molto più a lungo che in Occidente, la definizione di "Ju-Jitsu" (l'arte, la tecnica dell'adattabilità, della cedevolezza) si attribuiva genericamente alla forma di combattimento a mani nude - in alcuni casi con armi - praticata all'interno di una moltitudine di Ryu (le scuole di arti marziali) disseminate per il Giappone. Nel 1876, in epoca Meiji, un decreto imperiale privò i Samurai (i Guerrieri di Alto Rango) del diritto di portare la Katana (la Sciabola) e il Wakizashi (letteralmente "Compagno di Cintura", una sciabola più corta), detti anche Daisho (Grande e Piccolo).

Le scuole, i Ryu, custodivano il Densho (il libro o Documento segreto) che veniva tramandato dallo Shodai (il Fondatore del Ryu) o Soke, e in seguito dal Sensei (il Maestro del Ryu), al Discepolo Migliore della Scuola, detto Juku-Gashira. Spesso il Juku-Gashira era il figlio dello Shodai o del Sensei e di conseguenza gli veniva attribuito il titolo di Waka-Sensei (giovane maestro). Il Densho racchiudeva le spiegazioni delle tecniche segrete di combattimento lasciate in eredità dagli antichi Bushi (i guerrieri) e poteva essere reso noto dal Soke solo solo agli adepti della scuola. Era gelosamente custodito dal Clan, anche a costo della vita, e aveva diversi livelli di divulgazione anche all'interno del Ryu stesso. I discepoli più fidati potevano accedere agli Okuden (i Segreti più reconditi), mentre gli altri allievi avevano accesso all'Omote (la parte più superficiale e semplice delle nozioni).

I metodi di combattimento dei vari Ryu erano molteplici e davano ai seguaci della scuola la possibilità di specializzarsi nelle tecniche Toshunobu (difesa a mani nude con aggressore disarmato), in quelle Bukinobu (difesa a mani nude con aggressore armato) e nel Bugei (l'Arte del Combattimento utilizzando le Armi). All'interno di ogni Ryu vi erano ulteriori suddivisioni in branche dette "Ha", che generavano altri Ryugi (Stili di pratica). Ogni Ryu professava la sua invincibilità nel combattimento e non era raro che i vari Clan si sfidassero utilizzando il Dojo Arashi (la Tempesta che si abbatte dove si studia il Metodo). Tutti i Ryusha (Praticanti) di un Ryu si recavano presso un Ryu rivale con il loro Sensei e si battevano per saggiare l'efficacia del proprio stile; il Ryu sconfitto era disonorato e i suoi adepti lo abbandonavano per seguire quello del vincitore.

samurai

In Giappone la codificazione più antica di una forma di combattimento riguarda il Sumo, la tradizionale lotta legata ai riti dello Shinto (religione priva di divinità superiori che venera i principi della natura: il sole, la terra, la pietra, le piante, eccetera) ma nell’epoca KamaKura (1185-1333) i Bushi rielaborarono tecniche di combattimento senza armi, efficaci anche contro un avversario che invece ne fosse stato equipaggiato e derivanti dall’antica arte del Kumi-Uchi (Tecnica del Contatto, dell’afferrare per iniziare il combattimento) e dal Tai-Jutsu (l’Arte del Corpo) -di cui non si hanno notizie certe- che presero appunto la denominazione di Ju-Jitsu.

Ju Jitsu Metodo Bianchi

14JU JITSU METODO BIANCHI TRADIZIONALE SETTORI
Il metodo bianchi è un metodo di studio del Ju Jitsu sviluppato in Italia; una sorta di ju jitsu italiano con radici comunque nel ju jitsu nipponico.Il maestro genovese Gino Bianchi fu infatti negli anni ’40 il grande divulgatore italiano del ju jitsu (che aveva appreso in estremo oriente da militari nipponici) formando un gran numero di allievi e futuri maestri. Uno di questi, il maestro Orlandi, a scopo didattico riorganizzò lo stile in cinque settori di 20 tecniche ciascuno. In anni più recenti (1985) ed in ambito federale vennero infine aggiunti i “concatenamenti” che sulla base di una eventuale reazione dell’avversario ad una azione difensiva iniziale, studiano le possibili transizioni tra le diverse tecniche.
Concettualmente i “Settori” sono analoghi ai kata delle scuole tradizionali di jujitsu: si tratta di azioni complesse comprendenti azioni più semplici e principi estrapolabili per azioni reali e di autodifesa.
 
Come detto i Settori del Metodo Bianchi sono cinque:
Il Settore ”A” comprende le azioni elementari che introducono alla conoscenza delle reazioni di un avversario;
il Settore ”B” tratta le azioni che attraverso lo studio dello sbilanciamento mirano al caricamento, sollevamento e proiezione dell’avversario;
il Settore ”C” esamina le azioni che agiscono sulle articolazioni (leve articolari);
il Settore ”D” è dedicato alle azioni sul collo dell’avversario (compressioni, flessioni, appesantimenti)
il Settore ”E” fonde le azioni dei primi quattro introducendo azioni più vicine alle applicazioni in difesa personale.
 
ACCADEMIA
 
Un peculiare tipo di studio patrimonio tradizionale del Metodo Bianchi è quello dell’Accademia ovvero delle tecniche volanti che sono state un cavallo di battaglia degli allievi di Bianchi nelle loro esibizione di divulgazione del Ju Jitsu ( tanto che questi atleti venivano chiamati “kase hito” – uomini vento).
Questo tipo di studio esula da quello che è lo studio di azioni reali di combattimento o autodifesa ma è interessante per lo sviluppo di particolari doti atletiche e , indubbiamente, anche di una certa fiducia in se stessi e nelle proprie capacità.
Qui sotto un video con alcune tecniche d’accademia durante una esibizione.
 
AUTODIFESA
 
AUTODIFESA E ARTI MARZIALI
Capita spesso che ci si avvicini alle arti marziali anche o prevalentemente per apprendere a “difendersi” per strada.
Benchè in tutte le palestre di arti marziali, piuttosto che di sport di combattimento o anche di stili militari si studino tecniche atte a difendersi o ad offendere, il tema dell’autodifesa è in realtà complesso poichè bisogna chiarire che non esiste nessun addestramento paragonabile ad una aggressione per strada dove l’elemento sorpresa gioca un elemento determinante e preponderante, cui si aggiungono l’eventuale differenza di stazza e di forza (spesso a vantaggio dell’aggressore che può scegliere la vittima) e la paura che può bloccare la vittima che non è mentalmente pronta ad affrontare uno scontro che non ha cercato ( situazione molto diversa dall’affrontare un incontro sportivo o un allenamento in cui si simuli un aggressione).
L’aspetto tecnico dell’autodifesa è in effetti la parte relativamente più facile da apprendere ed insegnare; sotto questo aspetto inoltre il ju jitsu può vantare qualche vantaggio su altre arti marziali in quanto il bagaglio tecnico comprende azioni molto diverse utili sia in un confronto sulla distanza (tecniche di parata e di percussione), sia in un corpo a corpo (proiezioni, leve articolari, strangolamenti), sia a terra; per contro proprio questo vasto bagaglio tecnico richiede maggior tempo per essere assimilato bene.
L’aspetto mentale è quello più difficile da acquisire per le ragioni sopra esposte: è difficile essere realmente pronti a qualcosa d’inaspettato. Nonostante ciò si può riconoscere nelle radici filosofiche delle arti marziali l’aspirazione a questo stato mentale espresso attraverso i concetti di concentrazione sull’attimo presente, presenza e consapevolezza, liberazione dalle idee di vittoria e sconfitta come dalla paura della morte e, in sostanza, nel concetto di Mushin no shin (“Mente senza mente”) in cui la totale libertà mentale concede la capacità di reagire repentinamente anche all’inaspettato. Tutto questo naturalmente è il cammino di una vita.
 
                                    -DAL SITO : C.S. JU JITSU  DEL M° QUINTINO SCHICCHI-
 
 
 
 
JU JITSU METODO BIANCHI NELLE VARIE FORME AGONISTCHE
 
3167555558 1 12 S3unHfkbIl ju jitsu agonistico dell’ Endas  comprende diverse specialità:
 
      1)  il metodo tradizionale  : competizione sportiva dove i contendenti si confrontano su ciò che i dojo hanno trasmesso ai propri atleti con
lo studio del programma  tecnico.

La competizioni prevede :a) una prova di SETTORE , il concorrente dovrà portare in gara 5 tecniche a scelta, una per ogni settore in base al proprio grado di cintura .b) una prova di ACCADEMIA  dove i due concorrenti nel tempo di un minuto devono portare quante più tecniche possibili e saranno valutati dai tre arbitri in base alle proprie prestazioni tecniche.c) una prova di AUTODIFESA  gli atleti si confrontano sullo sviluppo delle tecniche di settore modificate in autodifesa difendendosi dadiversi attacchi predisposti.d) una prova di AGONISTICA e il classico combattimento agonistico (vedi incontro di judo) dove i due concorrenti si confrontano adoltranza , per quanto riguarda il punteggio, e deve rispettare tutto ciò che è previsto nel programma del settore  a partire dalleproiezioni a finire alle immobilizzazioni che devono essere riportate in gara nel modo classico. 2) Il metodo Europeo , che è quello che l’endas adotta, regolamentato dalla Euro Budo International con la  prova diRANDOM ATTACK , prova di autodifesa libera 3) il metodo internazionale adottato dalla FIJLKAM su regole della JJF : il Fighting System e il Duo System.

Fighting System: Il Fighting system è una disciplina di combattimento agonistico vero e proprio, dove due atleti si affrontano sul tatami cercando, grazie a varie tecniche di Ju Jitsu, di prevalere sportivamente sull’avversario. L’incontro si svolge in un unico tempo di 3 minuti, senza intervallo. L’efficacia delle azioni tecniche eseguite viene giudicata da una terna arbitrale; il punteggio può essere: IPPON (azione pienamente riuscita: 2 punti) e WAZARI (1 punto). Esistono inoltre IPPON da tre punti per particolari azioni che comportano la “resa” dell’avversario (leve o strangolamenti) Il combattimento si divide idealmente in tre fasi: Prima fase: in piedi, dove i due contendenti cercano di mettere a segno punti portando colpi (ATEMI) di mano o di piede nella zona superiore del corpo. Seconda fase: dopo aver accorciato la distanza che caratterizza la prima fase si arriva ad una fase di corpo a corpo in presa, in piedi. Le tecniche che si possono portare sono di due tipi: proiezione (NAGE WAZA) o lancio, e di strangolamento. Terza Fase: dopo l’eventuale proiezione senza interrompere l’incontro, i due contendenti continuano nella terza fase, o “a terra”. In questa fase gli agonisti cercano di immobilizzare l’avversario per un certo intervallo o cercano di portare uno strangolamento o una leva articolare. Il passaggio da una fase all’altra è solitamente continuo senza particolari interruzioni.
L’incontro viene vinto per superiorità di punteggio al termine dei 3 minuti oppure vinto e interrotto prima per superiorità tecnica (un “KO tecnico” chiamato “Full Ippon” ovvero per l’aquisizione di un IPPON in ogni fase di combattimento).Duo System Il Duo System è una gara tecnica, dove due coppie si affrontano sul tatami in una serie di tecniche di difesa personale preparate sugli attacchi previsti dal regolamento. Esistono quattro serie di cinque attacchi prefissati.E’ previsto un arbitro centrale e cinque giudici di sedia, che formano la “giuria” che attribuisce i punteggi. Nell’arco della gara alla coppia sarà chiesto di mostrare la propria elaborazione della difesa preparata per tre dei cinque attacchi previsti per ogni serie, chiamati casualmente dall’arbitro centrale. Esiste il Duo System nelle specialità Maschile, Femminile e Mista.
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